La relazione di attaccamento è un legame duraturo con una specifica persona
cui ci si rivolge quando ci si sente vulnerabili e bisognosi di protezione.
La teoria dell'attaccamento postula che gli esseri umani hanno una predisposizione
innata a formare relazioni di attaccamento con le figure genitoriali, che queste
relazioni hanno la funzione di proteggere la persona accudita ed esistono in
forma stabile già alla fine del primo anno.
Se osserviamo l'interazione della madre con il bambino piccolo, è facile
cogliere come il bambino, in caso di pericolo, cerca attivamente la vicinanza
rassicurante della madre; questa tendenza è chiamata "attaccamento".
Sebbene i neonati mandino segnali di ricerca del contatto in modo indiscriminato
a chiunque si prenda cura di loro, questi comportamenti sono via via sempre
più indirizzati a coloro che mostrano sensibilità al pianto del bambino e
lo coinvolgono in interazioni sociali.

Solo la presenza rassicurante della madre consente al bambino di poter
esplorare i dintorni, sempre mantenendo una distanza di sicurezza col genitore.
Così nel primo semestre di vita il neonato non ha problemi a relazionare con
l'estraneo, ma nel secondo semestre, quando ha instaurato un rapporto
preferenziale con il genitore, manifesta la cosiddetta angoscia dell'estraneo.
Col tempo il bambino aumenta la distanza, ma periodicamente torna a fare il
rifornimento affettivo per poi riprendere l'attività autonoma di esplorazione
o di gioco.
L'attaccamento, sistema innato osservabile nei mammiferi e specialmente nei
primati, ha una notevole importanza evolutiva (assicura la sopravvivenza
dell'individuo giovane e quindi la futura diffusione della specie) e, per
questo, è profondamente radicato.
Nell'età evolutiva l'attaccamento riveste un'importanza fondamentale e permea
tutto lo sviluppo psichico.
La funzione propria dell'attaccamento è di assicurare la protezione del bambino
dai pericoli: come negli animali, il piccolo dell'uomo, se protetto dall'adulto,
corre minori pericoli.
L'attaccamento non dipende dall'essere alimentato e non è dovuto ad un
condizionamento, ma è basato sulla ricerca innata del calore emotivo:
in esperimenti con le scimmie, queste cercavano la vicinanza di fantocci
morbidi, piuttosto che quella verso fantocci rigidi da cui ricevevano il latte.
La vicinanza protettiva del genitore, e in particolare della madre, che si
esplicita in comportamenti quali tenere in braccio il bambino in
modo affettuoso, non brusco e non solo per accudirlo fisicamente ("holding" di
Winnicott) e specialmente nella sua capacità di rispondere prontamente al
pianto del bambino, consente al bambino di integrare gli aspetti positivi e
negativi dei suoi vissuti, di sviluppare una competenza comunicativa, di
definire i confini corporei del proprio sé e di provare meno angoscia quando
la madre si allontana.
Lungi dal meccanicismo skinneriano, la teoria dell'attaccamento attribuisce
molta importanza all'attività della mente che deve elaborare l'emozione
associandola ad altre informazioni, condividendo con la psicoanalisi moderna
il concetto di rappresentazione mentale.
Il bambino stabilisce relazioni d'attaccamento verso più persone, con una
gerarchia d'importanza, per cui, di regola, l'attaccamento più rilevante è
verso la madre e seguono quelli verso l'altro genitore e altre figure di
riferimento.
L'attaccamento non è solo un comportamento, ma è considerato un sistema
motivazionale, cioè un'attività mentale complessa, che in determinate
situazioni, sulla base delle esperienze analoghe precedentemente vissute,
organizza sia l'esperienza emozionale che i comportamenti interpersonali ed
elabora la rappresentazione mentale di se stesso nel rapporto con l'altro.
L'attaccamento ha una base innata, ma è influenzabile dalle esperienze;
Bowlby affermava che l'attaccamento caratterizza l'essere umano dalla
culla alla tomba.
Il tipo di relazione di attaccamento determina il funzionamento mentale
del bambino, che, anche adulto, può modificare (sia in senso migliorativo sia
peggiorativo) il suo funzionamento a seguito di esperienze emotive gratificanti
e rassicuranti o, al contrario, catastrofiche.
Le distorsioni delle elaborazioni di queste informazioni rivestono un
ruolo centrale nello sviluppo della patologia psichica.
Specificamente, la cognitività e l'affettività sono considerate dagli
studiosi cognitivisti le due forme fondamentali di informazione su
quando e dove potrebbe esserci pericolo.
In particolare sembra essere determinante il modo in cui il genitore
processa le informazioni relative ai pericoli; la persona equilibrata
ha la capacità di basarsi sia sulle informazioni cognitive,
che informano sul "come" e "quando" un pericolo da puramente ipotetico
potrebbe diventare attuale, sia su quelle emotive, che portano
informazioni sul "dove" sui luoghi e situazioni che possono essere pericolosi.