La teoria dell'attaccamento per la comprensione della psicopatologia del
bambino e dell'adulto.
L'attaccamento D
Fin dagli anni ottanta, sono stati descritti bambini appartenenti a popolazioni
ad alto rischio socio-familiare, caratterizzati da comportamenti che, alla
Strange Situation, non ne consentono la classificazione nei tre pattern
organizzati: sicuro, insicuro-evitante, insicuro-ambivalente.
L'impossibilità di classificare questi bambini ha stimolato Main e Solomon
(1986 e 1990) a individuare le loro caratteristiche e quindi a codificare il
comportamento infantile proprio dell'attaccamento
disorganizzato/disorientato.
Ciò che i bambini con attaccamento disorganizzato (o di tipo "D") hanno in
comune è la manifestazione, alla Strange Situation, di comportamenti
disorientati ed apertamente conflittuali, in presenza del genitore.
Questi bambini piangono mentre cercano di raggiungere la madre, per poi tacere
improvvisamente e rimanere "congelati" ed immobili per diversi secondi; oppure
all'arrivo dell'estraneo sembrano spaventati ma al contempo si allontanano dal
genitore; o, ancora, al momento della separazione chiamano attraverso la porta
il genitore per poi allontanarsene alla riunione; oppure, mentre sono di buon
umore, colpiscono con forza il viso del genitore con un'espressione simile alla
trance; o si avvicinano il genitore con la testa voltata dall'altra parte, come
se non potessero organizzare il loro comportamento nel senso
dell'avvicinamento né in quello dell'evitamento e quindi mescolassero le due
tendenze in un'azione inevitabilmente caotica, goffa, incoerente.
Questi atteggiamenti appaiono simili ai comportamenti definiti "conflittuali"
dagli etologi, vale a dire comportamenti che derivano dall'attivazione
simultanea di sistemi incompatibili; sembra proprio che il bambino sperimenti
contemporaneamente le tendenze contraddittorie di fuggire e di avvicinarsi alla
figura di attaccamento e ciò lo porta ad un collasso delle strategie
comportamentali, manifestando perciò movimenti ed espressioni incoerenti ed
incomplete.
Il bambino non può disporre delle due fondamentali strategie innate connesse
all'emozione di paura, l'attacco e la fuga; deve allora far ricorso alla terza
strategia innata per gestire la paura, quella dell'immobilizzazione
(
freezing), che in effetti è talora osservabile alla Strange Situation
di bambini con attaccamento disorganizzato [Attili, 2001].
Alcuni studi hanno dimostrato che è improbabile che i bambini nei primi anni
siano classificati come disorganizzati con più di una figura d'attaccamento,
suggerendo quindi che l'attaccamento disorganizzato emerge all'interno di un
certo tipo di relazione, e non deriverebbe da tratti individuali o
caratteristiche innate del bambino [Lyons-Ruth e Jacobvitz, 1999].
Fattori di rischio e meccanismi patogenetici
In seguito è emerso che, nelle popolazioni a basso rischio socio-familiare,
questi bambini sono una minoranza (10-15%)[Solomon e
George, 1999], ma nelle famiglie ad alto rischio (famiglie caotiche e
maltrattanti, oppure con madri gravemente depresse o bipolari o alcoliste o
adolescenti ed economicamente svantaggiate), possono costituire dal 40 all'80%
del campione [O'Connor, 1987 - Radke-Yarrow, 1995 - Lyons-Ruth, 1996].
Se nei casi di alcolismo, maltrattamento e abuso, il genitore è fonte di paura
per il bambino perché costituisce un reale pericolo per lui, o comunque il
bambino avverte un senso di minaccia alla propria incolumità da parte del
genitore, appare più complessa la situazione in altri casi.

Si è notato che il comportamento disorganizzato dei bambini alla Strange
Situation è strettamente correlato a deficit di monitoraggio
metacognitivo nel corso dell'Adult Attachment Interview dei genitori:
salti logici nel discorso, incoerenze ed apparenti lapsus durante il racconto di
esperienze infantili traumatiche, lapsus prevalentemente relativi a una storia
di morte di persone importanti o ad esperienze di maltrattamenti e abusi [Main
e Hesse, 1992].
Inoltre durante la Strange Situation è stato sporadicamente osservato che quando
la mimica e la postura assunte dalla madre mostrano che in quel momento la
madre è immersa in un doloroso mondo interiore e personale, assorbita da
qualche esperienza dolorosa del passato, difficilmente condivisibile da altri
adulti e tanto meno dal bambino, immediatamente dopo, il comportamento del
bambino comincia a dare intensi segni di disorganizzazione.
Main e Hesse sostengono che all'origine dell'attaccamento disorganizzato vi
sia una figura di attaccamento
spaventata/spaventante
("
frightened/frightening") [Main e Hesse, 1992].
Come, nel corso dell'AAI, il ricordo del lutto o del trauma non risolto portano
a improvvise cadute nel monitoraggio del discorso e del ragionamento, così tali
stati della mente non integrati tendono a presentarsi in modo compulsivo,
frammentario e imprevedibile, anche mentre il genitore sta accudendo un bambino
piccolo, producendo espressioni di paura sul volto del genitore, e il bambino
è spaventato da tali espressioni.
Il comportamento spaventante (involontario e incosciente) del genitore pone il bambino in una situazione di conflitto irrisolvibile,
poiché in tal caso il genitore rappresenta, nel contempo, la sua fonte di conforto e la sua fonte di paura.
Come nel caso in cui il genitore stesso costituisce il pericolo, si crea nel bambino un conflitto insolubile fra due sistemi motivazionali innati: il sistema dell'attaccamento, che lo obbliga a
cercare la vicinanza protettiva del genitore ogni volta che si trova in pericolo, e il sistema difensivo più arcaico, che lo obbliga a
fuggire di fronte ad uno stimolo che gli incuta paura.
Tale conflitto si esprime nel bambino attraverso quei comportamenti contraddittori nei confronti del caregiver, tipici
dell'attaccamento disorganizzato.
Numerosi studi hanno confermato la correlazione tra disorganizzazione
dell'attaccamento nei bambini e traumi non risolti nella figura di attaccamento
[Lyons- Ruth e Jiacobvitz, 1999].
E' importante notare che questo meccanismo patogenetico è insidioso in quanto molti genitori che mostrano comportamenti
spaventanti (avendo subito significativi lutti o maltrattamenti), possono essere, per altri versi,
sensibili e solleciti [DiNoia, 2009].
Altre autrici hanno integrato l'attenzione per gli eventi
traumatici specifici occorsi nella storia della figura di accudimento con quella
sui processi relazionali disregolati e non-reciproci tra genitore e figlio,
caratterizzati da "ostilità" o "impotenza", proponendo un modello
detto di "diatesi relazionale" (vulnerabilità della relazione) [Lyons-Ruth, Bronfman e Atwood,
1999].
Laddove il genitore abbia una condizione mentale di dissociazione in rapporto a esperienze traumatiche
passate, vissute senza sperimentare conforto e lenimento, o esperienze di perdita non elaborate,
può manifestare una specifica difficoltà a prestare un'attenzione flessibile
agli stati affettivi dolorosi del figlio, in quanto l'espressione di dolore e di paura del figlio potrebbe evocare nel genitore stati affettivi dolorosi e irrisolti,
tanto da indurlo a limitare l'attenzione nei confronti di questi sentimenti
espressi dal figlio.
L'esempio più ovvio di questo squilibrio relazionale è quando il
genitore si oppone in modo coercitivo alle iniziative del piccolo, in uno schema
di dominanza/sottomissione, ma possono esserci forme
molto più sottili, caratterizzate da ritiro e mancanza di rispondenza, nei quali
il genitore non responsivo può sembrare depresso e impotente assai più che
ostile e coercitivo.
Oltre a questa forma di relazione in cui il genitore mostra una totale mancanza di sintonizzazione verso le
necessità di attaccamento del bambino (con ritiro, inversione dei ruoli, comportamento controllante o rifiuto),
é stata individuata una seconda forma comprendente tutte le strategie materne di accudimento
basate sulla competizione, le quali provocano sentimenti e comportamenti di
attaccamento nel bambino, ma, al tempo stesso, li respingono [Lyons-Ruth, Bronfman, Parsons, 1999].
Attraverso un apposito protocollo
(AMBIANCE - Atypical Maternal Behavior Instrument for Assessment and Classification), sono stati codificati
cinque aspetti della comunicazione affettiva fallimentare del genitore
con il bambino (risposte di ritiro da parte del genitore; risposte
negative-intrusive; risposte di inversione di ruolo; risposte disorientate,
quali espressioni spaventate;
errori di comunicazione affettiva) [Lyons-Ruth, Bronfman, Atwood, 1999] e poi è
stato riscontrato che questi cinque tipi di
alterata comunicazione affettiva madre-bambino sono significativamente correlati con
i comportamenti disorganizzati del bambino.
Le strategie controllanti
L'età che va dal terzo anno alla fine dell'adolescenza risulta meno facilmente studiabile dal punto di vista
dell'attaccamento rispetto ai primi due anni (quando con la Strange Situation è facile attivare l'attaccamento tramite
piccole separazioni e studiare quindi l'attaccamento nel suo versante comportamentale) e all'età adulta (dove con la Adult
Attachement Interview si valuta l'attaccamento nell'aspetto rappresentazionale): i diversi strumenti finora proposti non
hanno la stessa forte validità della Strange Situation e dell'Aduld Attachment Interview.
Sono stati descritti diversi comportamenti, caratteristici di bambini che hanno un attaccamento disorganizzato
[Lieberman, 1995]:
- Comportamenti pericolosi; in presenza della figura di attaccamento il bambino mostra comportamenti pericolosi per la sua sicurezza
o ha comportamenti aggressivi verso se stesso e/o il care-giver.
- Esplorazione inibita ed eccessivo aggrapparsi; dipendenza eccessiva ("aggrappato" al care-giver) e inibizione
dell'esplorazione.
- Vigilanza e compiacenza eccessive, fino all'inversione di ruolo; uno stato di vigilanza e compiacenza verso il caregiver
eccessive, con timore di dispiacere, perdita della spontaneità ed eccessiva preoccupazione per il benessere emotivo del caregiver.
- Comportamenti controllanti; il bambino mostra un accudimento inappropriato o un comportamento punitivo verso il caregiver.
In sintesi, in età prescolare e scolastica, con il crescere delle capacità cognitive,
il bambino disorganizzato rimodella le manifestazioni di attaccamento nei
confronti della figura genitoriale in una strategia complessiva d'attaccamento
basata sul controllo; la condotta di controllo può assumere due forme distinte,
di tipo premuroso o punitivo [Lyons-Ruth, 1999].